“Nicivù”, come credo tutti i libri, è nato anzitutto per il piacere dell’autore di scriverlo e anche perché ritenevo di avere una bella storia da raccontare, nata dalla fortuna che ho avuto di vivere esperienze uniche in paesi stranieri e in momenti storici particolari.
Naturalmente, spero che altrettanto piacere lo provino i lettori, perché allora vorrebbe dire che sono riuscito a trasmettere sentimenti ed emozioni.
Non svelo il perché del titolo, una parola russa che, più o meno, vuol dire “niente”: ma leggendo sarà facile capire che esso non è casuale.
Il libro, dunque, parla di una vicenda vera ma, come tutti i libri che si rispettino, ne trasforma e ne rimodella, spesso ne inventa, i protagonisti lasciando però pressochè intatta la cornice storica, che vede l’intreccio tra lo sgretolarsi dell’Unione Sovietica e della prima Repubblica Italiana.
Il libro si può quindi leggere su due piani distinti anche se ovviamente collegati: la storia, tra fiction e reality, della costruzione di un tubificio in Russia ad opera di un gruppo di italiani con le loro storie epiche, tragiche, farsesche e il quadro socio-politico fatto soprattutto di inganni e di “niente” morale.
Poteva rimanere nel cassetto, “Nicivù”, se un editore, Mario Bottaro, non ci avesse creduto: io infatti non avrei mai fatto le mille anticamere necessarie per attirare l’attenzione di un editore né tantomeno lo avrei pubblicato da solo.
Mario dice che è bello, e spero che abbia ragione e che i lettori la pensino come lui.
Se così sarà, penso che scriverò altre storie, perché il libro più bello è sempre quello che si deve ancora scrivere…….